Giuseppina Tizzani è nata a Pietrelcina (BN) il 6 gennaio del 1962. Vive con la sua famiglia nella frazione di Piana Romana da cui prende il nome il frantoio oleare da lei gestito. Collabora attivamente alla conduzione dell’azienda agricola “Orlando”. Giuseppina è considerata un punto di riferimento dalla comunità pietrelcinese per la conservazione delle ricette locali. Risulta essere una delle ultime maestre “raffiuolare” per la cui produzione è chiamata a tramandare i saperi.
Il raffiuolo di Pietrelcina è un tipico prodotto da forno che sembra contenere in sé il segreto di tanti saperi della cultura tradizionale. Questo particolare tipo di ciambella è donato in occasione di un matrimonio dalle famiglie degli sposi, per buon augurio, a tutte le famiglie pietrelcinesi, anche a quelle con cui non corre buon sangue (A la morte e a la sposa se leva l’odio); è quindi un elaborazione culturale-alimentare in cui si esprime e trasmette la propria rappresentazione del sociale e della vita, secondo le dinamiche del processo inculturativo. Il raffiuolo, composto da due ciambelle sovrapposte che gli fanno assumere l’aspetto di un serpente arrotolato a cerchio, il cui impasto è effettuato solo con uova e con altri ingredienti che conoscono solo le raffiuolare, ha una consistenza al palato molto secca e va mangiato accompagnato dal latte o dal vino. La sua preparazione è un vero e proprio rito. Essa viene eseguita nei forni di campagna privati (oggi anche nei forni commerciali ) dove le mastre raffiuolare, insieme alle componenti femminili del parentado (inteso in senso lato), si riuniscono all’alba con la sposa. L’impastatura comincia solo quando quest’ultima ha rotto le prime tre uova dell’impasto. Dopo varie fasi, rigorosamente gestite dallaraffiuolara, si preparano le ciambelle. Segue la delicata fase della lievitazione che dura per un tempo variabile che dipende dalla qualità e dal tipo di uova e farina usati. La bravura della mastra consiste, oltre che nel conoscere e saper amalgamare i vari ingredienti del raffiuolo, nel capire il momento opportuno in cui esso va infornato. Guai se questa fase viene sbagliata in quanto un raffiuolo ‘ngeemato (mal lievitato) fa scumparì (cioè sfigurare) la famiglia al cospetto dei compaesani.
Il raffiuolo, dunque, è un modo attraverso il quale si gestiscono i rapporti sociali in cui prende forza il concetto ribadito da Marvin Harris di cibo come elemento simbolico e culturale. Come tutti i simboli, anche quelli legati all’alimentazione, sono comprensibili a chi appartiene alla cultura nella quale essi sono prodotti. Ed è a quella cultura che fungono da memorandum, ricordandone le radici, gli eventi storici, le evoluzioni tecniche e sociali di cui essa è stata partecipe.
Parte delle immagini del video sono state realizzate in occasione dell’ultima preparazione di raffiuoli a Pietrelcina (2012).
Scheda di: Centro di Studi Sociali sulla Dieta Mediterranea dell’Università di Napoli SOB diretto da Marino Niola, Mario De Tommasi, Luigi Giova, Maria ScarinziVideo di: Mario De Tommasi, Luigi Giova, Maria Scarinzi
Creato il: 03-07-2012